Che cosa potrà alla lunga dire, oltre l'emozione immediata, il Natale a chi vive lontano da un orizzonte di fede? E che cosa potrà portare ancora di buono una celebrazione del Natale vissuta in un atteggiamento "quaresimale"? Non sarebbe, invece, l'ora di provare ad unire festa e fede, da una parte, e fede e festa dall'altra? Proviamoci, dunque, alla luce di una verità fondamentale: nessuno viene al mondo se non al modo di un bambino. Neanche Dio.
È tempo di prestare maggiore attenzione a quel miracolo della «natalità» di cui ha parlato Hannah Arendt. È tempo di sondare più in profondità il miracolo dell'essere nati ed il miracolo di aver fatto fronte alla vita e di essercela cavata con essa, quando eravamo bambini, solo bambini.
È tempo di scovare meglio le radici di quel portentoso coraggio di essere e di esserci che di continuo ci dona la forza per rinnovare la nostra fiducia e la nostra speranza.
È proprio su questa via, infatti, che più felicemente potremo andare di nuovo incontro al Natale: incontro a quella festa che nella fede celebra la meraviglia della nascita al mondo di Dio nel piccolo di Nazareth ed in essa l'offerta a ciascuno di noi della grazia di sempre nuovi inizi, nuove ripartenze, nuovi «natali».
Biografia dell'autore
Armando Matteo
Armando Matteo, nato a Catanzaro nel 1970, è docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Urbaniana di Roma. Nell’aprile 2022 è stato nominato da papa Francesco segretario per la Sezione Dottrinale del Dicastero per la Dottrina della fede. Dal 2005 al 2011 è stato assistente ecclesiastico nazionale della FUCI e dal 2019 al 2021 direttore della rivista «Urbaniana University Journal».
