Sullo scaffale fanno bella mostra di sé e tengono com- pagnia agli altri tuoi fiori: ai Petali e ai Papàvari, al giallo del tuo Làras. C’è una ricorsività nel tuo poetare ispirandoti ai fiori che già mette il lettore su possibili piste di comprensione. E non è solo nel tuo amore per le piante – e in genere per la botanica – che si deve cercare risposta; la metafora è molto più profonda e rimanda a quell’essere radicati, i fiori come gli uomini, alla terra, al luogo primevo da dove scaturisce, assieme all’identità e al senso di appartenenza, il dialetto: la lingua madre. Se la vita altro non è che un viaggio a ritroso alla ricerca del tempo perduto della propria infanzia, le parole che sgorgano sono quelle che l’istinto bambino suggerisce. È forse per questo che da tempo non scrivi più nella lingua italiana: troppo scultorea e ufficiale per tradur- re l’istintività del cuore. Meglio i dialetti: anche strani, arcaici, lontani, recuperati con una operazione letteraria apparentemente semplice dal tuo talento; in verità diffi- cile e sofisticata e dunque, a maggior ragione, degna di attenzione (dalla Prefazione).
Data | Descrizione | File | Dimensioni |
02/04/2015 | Se i fiori diventano poesia Il libro di Fabrizio Da Trieste | 9788851415129_DaTrieste_CorriereDellAltoAdige.pdf | 68350 KB |